
Intervista a Gianluca Favro
L’IMPRESA DI ESSERE CREATIVO
“Un’idea vale 5 centesimi, ma un’idea realizzata può valere 100 milioni”. La lezione l’ha appresa oltre 30 anni fa, in una delle grandi agenzie americane che hanno fatto la storia della pubblicità.
Il pragmatismo anglosassone, rivisitato attraverso il modo di essere italiano e la cultura europea, svela l’equivoco creativo in cui è immersa la comunicazione pubblicitaria, che pare fatta di suggestioni e di persuasioni, più o meno occulte.
“Non è sempre vero che i fatti valgono più delle parole. A volte le parole sono indispensabili per far accadere le cose”. Gianluca negli anni ha collaborato con ENI, Ferrovie dello Stato, Smart, A2A. Se non fosse stato per l’uso accorto delle parole e per i risultati che queste hanno generato in termini di numeriche nelle vendite, nei bilanci, nelle interazioni, oggi non potrebbe raccontare decine di aneddoti e risvolti legati a lavori e persone, che popolano la sua vita.
“Sono sempre stato un creativo anomalo, appassionato com’ero di ricerche, dati, dettagli pratici della storia delle aziende. Spesso imprenditori e manager si sono trovati spiazzati”. Lo schema e lo stereotipo del pubblicitario bizzarro ed estroso, a cui molto si perdona, perché foriero di colpi di genio improvvisi, mal si adatta alla storia professionale di Gianluca. Appena esce dal circuito delle grandi agenzie per “non dover passare la giornata a parare i colpi alla schiena e la notte a lavorare”, le collaborazioni di maggior soddisfazione sono quelle che nascono nei distretti industriali tipici del modello economico italiano.
Formidabili produttori veneti di detergenti industriali, nati dall’attività del nonno che vendeva lucido da scarpe. Meravigliosi artigiani del cibo che in Cilento producono conserve di pesce vendute in botteghe gourmet d’Inghilterra. Ingegnosi ragazzi che in una stanza di Torino sviluppano un’applicazione per il turismo inclusivo per i disabili. “Ho potuto vedere e accompagnare veri propri miracoli di creatività, al cui confronto quella della comunicazione che sviluppavo per loro era un’inezia”.
L’irrompere della tecnologia sembra competere più che aiutare l’approccio umanistico, fatto di riferimenti comuni, giochi di parole, trick mentali che “scattano come scintille quando due parole, due concetti sfregano nel cervello e nell’inconscio come pietre focaie”. Invece, per RDLB Milano, sede europea dell’agenzia-boutique che ha sede a Miami, la sfida della transizione tecnologica si gioca su un campo piuttosto inedito rispetto a quello scelto da tante altre agenzie di comunicazione digitale. “Noi amiamo le storie, ci piace narrare. Oggi lo facciamo in partnership con una start up veronese che ha sviluppato una piattaforma per la gestione di seriuos game utilizzati per la formazione, la creazione di cultura aziendale condivisa, il coinvolgimento di clienti e comunità di valore”.
La parola chiave della presenza di RDLB Milano e di Gianluca in Compagnia delle Opere Insubria è racchiusa in questi ultimi due termini. Condividere valori è l’unico modo perché attraverso le relazioni si possano costruire comunità di persone, capaci di creare sinergie professionali, di crescita, educative e di esperienza, che fungano da traino, da scudo, da esempio e stimolo per chi dà loro vita.